Maestro del bianco e nero, della fotografia di reportage e di indagine sociale, in quasi settant’anni di carriera Gianni Berengo Gardin ha raccontato con le sue immagini l’Italia dal dopoguerra a oggi, costruendo un patrimonio visivo unico caratterizzato da una grande coerenza nelle scelte linguistiche e da un approccio “artigianale” alla pratica fotografica. La personale “Gianni Berengo Gardin. L’occhio come mestiere”, al MAXXI Museo nazionale delle arti di Roma, si tiene dal 4 maggio al 18 settembre 2022, raccoglie oltre 200 fotografie tra immagini celebri, altre poco note o completamente inedite.
Un racconto straordinario dedicato all’Italia, che riprende il titolo del celebre libro del 1970 curato da Cesare Colombo, L’occhio come mestiere appunto, che testimoniava l’importanza dello sguardo di Berengo Gardin, del suo metodo e della sua capacità fuori dal comune di narrare il suo tempo attraverso le immagini.
Il percorso espositivo è introdotto sulle scale dall’intervento dell’artista Martina Vanda: grandi illustrazioni a parete in bianco e nero ispirate da alcune fotografie iconiche di Berengo Gardin. All’interno la mostra si sviluppa come una sequenza narrativa continua, in cui a costruire il filo del discorso sono gli aspetti peculiari della ricerca visiva di Berengo Gardin: la costanza nel modo di guardare la realtà, capace di creare richiami e risonanze che vanno al di là del soggetto e del tempo specifico; l’approccio narrativo e non meramente descrittivo delle sue fotografie; l’adesione impegnata a una concezione della fotografia intesa come documento, eppure puntellata da dettagli spiazzanti e ironici.
Punto di partenza di questo viaggio visivo proposto al MAXXI è Venezia, luogo molto caro all’autore in quanto figlio e nipote di veneziani, che ritrae fin dagli anni Cinquanta e dove fa ritorno continuamente, fino al celebre progetto dedicato alle Grandi Navi nel 2013.
Si attraversano poi quasi tutte le regioni e le città italiane, dalla Sicilia alle risaie del vercellese, osservate nelle loro trasformazioni sociali, culturali e paesaggistiche dal secondo dopoguerra a oggi.
Le immagini in mostra raccontano i luoghi del lavoro (come la fabbrica Olivetti di Ivrea), quelli della vita quotidiana (Milano, città in cui vive e lavora), della degenza (il fondamentale reportage Morire di classe del 1968, che contribuì in modo determinante all’approvazione della legge Basaglia), i cantieri (tra cui anche quello del MAXXI, fotografato nel 2007), ma anche i molti incontri dell’autore con figure chiave della cultura contemporanea (Dino Buzzati, Dario Fo e Peggy Guggenheim, solo per citarne alcuni).
Completano il percorso una parete dedicata allo studio di Milano, per Berengo Gardin luogo di riflessione e di elaborazione, che appare come una sorta di camera delle meraviglie e un’altra dedicata ai libri, destinazione principale e prediletta del suo lavoro, che ripercorre le oltre 250 pubblicazioni realizzate nel corso della sua lunga carriera.
Inoltre, grazie a un QR code, sarà possibile visitare la mostra accompagnati dalla voce di Gianni Berengo Gardin, che racconterà in prima persona aneddoti, impressioni e ricordi legati ad alcune delle immagini in mostra.
GIANNI BERENGO GARDIN. L’OCCHIO COME MESTIERE
La mostra, a cura di Margherita Guccione e Alessandra Mauro, è prodotta dal MAXXI ed è in collaborazione con Contrasto. Main partner ENEL.
Il lavoro e l’archivio di Gianni Berengo Gardin sono rappresentati in esclusiva da Fondazione Forma per la Fotografia.
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