Fino al 24 novembre è possibile visitare la 60ª Esposizione Internazionale d’Arte, curata dal rinomato curatore latino-americano Adriano Pedrosa. Quest’anno, l’emisfero meridionale del pianeta è al centro della scena, pronto a sorprenderci e affascinarci con la sua ricchezza culturale e artistica.
Testo e Foto di Alexandra Griotti
Per chi ama la luce, Venezia è la città più bella: il sole che riverbera sulla laguna, i marmi bianchi e rosa degli edifici, i vetri antichi e il cielo ampio, sempre velato di bianco… E per la gioia di chi ama l’arte, quest’anno fino al 24 novembre, è possibile visitare la mostra d’arte contemporanea più internazionale d’Italia e tra le più interessanti del mondo: la 60° Biennale d’Arte. Quest’anno l’Esposizione Internazionale d’Arte è stata curata da Adriano Pedrosa – primo latino-americano in questo ruolo – che ha puntato su opere sull’arte provenienti dall’emisfero sud del mondo. E proprio questo aspetto ci ha colpito molto: artisti a noi quasi sconosciuti che vivono in Paesi lontani, che si confrontano con realtà completamente diverse dalle nostre eppure che realizzano opere d’arte che sentiamo incredibilmente vicine, prossime, sulla nostra stessa lunghezza d’onda. Questa è Arte: riuscire a cogliere e trasmettere un fil rouge che ci unisce tutti o che ci fa sentire tutti ugualmente stranieri ovunque, come recita il titolo della 60° edizione della Biennale.
ALL’ARSENALE: COLORI TESSUTI IDEE
Il titolo della mostra 2024 è Stranieri Ovunque – Foreigners Everywhere ed è tratto da una serie di lavori realizzati a partire dal 2004 dal collettivo Claire Fontaine con sede a Palermo. Vediamo un’opera proprio in Arsenale, allo spazio delle Gaggiandre, dove sono riuniti 60 neon di vari colori che riportano in diverse lingue le parole “Stranieri Ovunque” (foto 1). L’espressione è stata a sua volta presa dal nome di un omonimo collettivo torinese che nei primi anni Duemila combatteva contro il razzismo e la xenofobia in Italia.
Imperdibile la controversa installazione del Padiglione Italia alle Tese delle Vergini, a cura di Luca Cerizza, con il progetto Due qui / To hear dell’artista Massimo Bartolini, che include contributi appositamente ideati da musiciste/i e da scrittrici/scrittori. Un ambiente dalle dimensioni impegnative, trattato come un giardino rinascimentale contemporaneo dove un intrico di tubo Innocenti si sostituiscono alla vegetazione e trasmettono il suono fino alla fontana centrale. E non solo. (foto 2)
Il lungo spazio a disposizione dei vari paesi e artisti all’Arsenale è ricco di sorprese. Tra le più interessanti nel padiglione del Benin la struttura di metallo a capanna “ Àse”, installazione di Romulad Hazoumè realizzata con taniche vuote che dall’interno sembrano maschere arcaiche che ci osservano con espressioni diverse. (foto 3)
Il gruppo delle Arpilleras di artiste cilene ignote: scene di vita quotidiana ricamate con fili colorati sui sacchi di iuta durante la dittatura militare di Pinochet.
Stessi colori per la Mamita Montana dell’artista Valeria Montti Colque, nata in Svezia da genitori cileni in fuga dalla dittatura di Pinochet: in uno spazio davvero difficile da raggiungere, l’opera è un’imponente scultura alta più di cinque metri, composta da tappeti decorati con collage, acquerelli, disegni su carta, tessuti stampati, piccoli pezzi di ceramica e fotografie.
Una sala del Nucleo Storico è dedicata alla diaspora di artisti italiani nel mondo, che hanno costruito carriere in America, Africa, Asia, altri paesi d’Europa. Sono opere di 40 autori italiani tra cui a Tina Modotti, morta a Citta del Messico nel 1942, di cui è esposta la fotografia Falce, pannocchia e cartuccera (del 1928) che accosta oggetti evocativi di militanti comunisti e lavoratori: falci, cartuccere, chitarre e mais, coniugando la fotografia formalista con la politica rivoluzionaria. Tutte le opere sono esposte sui leggendari “cavalete de vidro”, in lastra di vetro autoportante e base cubica in cemento ideate nel 1968 da Lina Bo Bardi (architetto, designer, redattrice, scenografa, scrittrice).
Interessante proprio all’ingresso di Arsenale l’astronauta “Refugee astronaut VIII” di Yinka Shonibare, artista britannico-nigeriana di fama mondiale, che presenta un astronauta nomade a grandezza naturale adornato con tessuto “africano”, attrezzato per affrontare crisi ecologiche e umanitarie. (foto 4)
A GIARDINI, L’ESTABLISHMENT DELL’ARTE E NON SOLO Sempre interessanti le opere viste a Giardini, nei padiglioni nazionali. Come l’esposizione immersiva dell’artista franco-caraibico Julien Creuzet al padiglione Francia. (foto 5 qui sotto)
Nel padiglione della Repubblica di Corea, l’artista Koo Jeong A propone Odorama Cities e indaga su come l’olfatto sia determinante nella nostra creazione dei ricordi, sua la figura di bronzo levitante e profumata che ci accoglie.
Sempre affascinanti le opere Sarà Yuko Mohri artista giapponese famosissima di cui abbiamo già visto alcune opere in Italia.
Qui sopra “Compose”.
Il padiglione Germania, con la scalinata d’ingresso ostruita da una massa di terra, ci costringe a una fila infinita. All’interno Thresholds, di Yael Bartana e Ersan Mondtag è un viaggio attraverso storie passate e futuri incerti, con astronavi e mondi alieni.
Gli Stati Uniti per la prima volta presentano in Biennale un artista nativo americano, Jeffrey Gibson, di origine Cherokee e Choctaw, dal titolo The space in which to place me ( qui sotto) con una serie di opere coloratissime e capaci di catturare l’attenzione.
Interessante il dialogo con Tintoretto dell’artista uruguayano Eduardo Cardozo, che propone Latente, un’installazione immersiva che dialoga con il “Paradiso” del pittore veneziano cinquecentesco attraverso ritagli di garza colorati.
QUALCHE CURIOSITÀ
La Mostra è costituita da 88 Partecipazioni Nazionali negli storici Padiglioni ai Giardini, all’Arsenale e nel centro storico di Venezia.
Sono 4 i Paesi presenti per la prima volta alla Biennale Arte: Repubblica del Benin, Etiopia, Repubblica Democratica di Timor Leste e Repubblica Unita della Tanzania. Nicaragua, Repubblica di Panama e Senegal partecipano per la prima volta con un proprio padiglione.
Il Padiglione della Santa Sede ha luogo quest’anno nella Casa di reclusione femminile di Venezia alla Giudecca.
I VINCITORI DEI LEONI
Il Leone d’Oro per la migliore partecipazione nazionale alla 60° Esposizione Internazionale d’Arte va al Padiglione Australia con il progetto dell’artista aborigeno Archie Moore .
Il Leone d’Oro per il miglior partecipante alla mostra “Foreigners Everywhere-Stranieri Ovunque” va al collettivo neozelandese Mataaho. Anche l’artista Samia Halaby nata a Gerusalemme e l’artista argentina La Chola Poblete hanno ricevuto una menzione speciale per il loro lavoro in “Foreigners Everywhere”.
Leoni d’Oro alla carriera all’artista italo-brasiliana Anna Maria Maiolino e all’artista turca Nil Yalter.
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